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Catedrático de Derecho Penal de la Universidad de Florencia Pulse aquí para consultar la traducción al castellano |
1. Le nuove frontiere della bioetica, nelle loro prospettive
attuali, future e futuribili, sono segnate, principalmente: 1) dalle manipolazioni
genetiche; 2) dagli interventi sull'embrione; 3) dalla fecondazione
assistita (1).
Con tutte le entusiasmanti possibilità di
un loro uso «con» e «per» l'uomo. Ma anche coi
paventati pericoli di un uso «contro» l'uomo. E, pertanto,
con la sempre più sentita esigenza di una regolamentazione giuridica
della materia. Che noi sommariamente, esamineremo nelle sue possibilità
presenti, future e futuribili, perché su siffatti vitali problemi
è compito della bioetica e del giurista non solo «razionalizzare
il presente», ma anche «programmare il futuro», in quanto
l'accelerato progresso delle tecniche biomediche tende sempre più
a trasformare il «futuribile» in «futuro» e il
«futuro» in «presente».
2. Quanto alle manipolazioni genetiche, prescindiamo
dalle manipolazioni di microrganismi (animali o vegetali), con le entusiasmanti
prospettive nel campo agroalimentare (per combattere la fame in tutti i
Sud della Terra), nel campo medico-farmacologico (per la produzione di
preziosi farmaci e prodotti terapeutici) e nel campo agricolo ed extragricolo
(per ridurre l'inquinamento chimico, per la produzione di biopesticidi
e bioinsetticidi, per il trattamento dei rifiuti e la produzione di energie
rinnovabili, per il disinquinamento delle acque, per un mondo più
pulito). Ma con i paventati rischi di epidemie incontrollabili a causa
della possibile fuga accidentale dai laboratori dei microrganismi manipolati;
per l'equilibrio ecologico ad opera dei microrganismi immessi in campo
aperto a fini agricoli o per la stessa biodiversità per effetto
della diffusione delle piante transgeniche.
Per quanto riguarda l'uomo, una prima
possibilità concerne le manipolazioni delle cellule germinali,
con effetto quindi sulla discendenza. Ed effettuabili sia per finalità
terapeutiche, di impedire cioè la trasmissione di malattie ereditarie
sui discendenti; sia per finalità non terapeutiche: della
donazione (cioè della riproduzione di individui biologicamente identici);
e dell'ibridazione uomo-animale (ossia della creazione di nuovi esseri
viventi, di umanoidi, quale lo scimpanzuomo, auspicato da certa intellighenzia
per l'utilizzazione nei lavori ripetitivi e sgradevoli, oggi affidati agli
extracomunitari; o come serbatoi di organi per il trapianto e cavie per
le sperimentazioni; già tristemente denominati come «Quarto
mondo»).
Ma coi paventati rischi non solo di effetti
collaterali, oggi non prevedibili e controllabili, ma della distruzione
del diritto all'identità genetica, per un atto di volontà
o di capriccio individuale (es.: dei genitori, che desiderano avere nel
figlio immagine speculare loro o di altro figlio morente). Nonché
della programmazione e produzione totalitaria di esseri donati, tutti biologicamente
eguali e della selezione genetica pianificata, se la genemanipolazione
è usata non per eliminare un difetto ereditario e aumentare il numero
delle persone «normali», ma per realizzare l'eterno sogno di
uomini «perfetti», passandosi così dalla terapia all'eugenismo.
Problema del nuovo millennio, che bussa alla porta, sarà anche quello
di tracciare la distinzione tra «malattia genica» e semplice
«anormalità genica», di non certo facile individuazione
(quand'è, ad es., che la bassa statura è da considerarsi
nanismo o mera deviazione dalla normalità?). E coll'ipotetico rischio
altresì, al limite, del predominio biologico definitivo della generazione
attuale su quelle future e della stessa sopravvivenza della specie umana,
poiché l'evoluzione dimostra che la biodiversità è
la chiave per la sopravvivenza di ogni specie, animale e vegetale. Se non
addirittura dell'ipotizzato rischio - fantascientifico? - di un proclamato
sciopero generale del grembo femminile mediante l'autofecondazione asessuata
(con conseguente scomparsa del sesso maschile per sopravvenuta inutilità)
o, più semplicemente, di coppie di donne omosessuali, ciascuna delle
quali potrebbe avere come figlia la copia biologica dell'altra.
3. Una seconda possibilità concerne la manipolazione di cellule somatiche (prelevate dal corpo di un individuo, poi manipolate e reintrodotte nel medesimo). Con effetti limitati al solo individuo trattato (e non alla discendenza). Ed effettuabili sia per finalità terapeutiche, nella fascinosa prospettiva della «guarigione genica» di certe malattie geniche (emofilia, talassemia, fibrosi cistica, diabete, immunodeficienza, tumori). Col rischio di mutazioni dannose o di attivazione di geni, che possono generare neoplasie o reazioni di rigetto. Sia per finalità non terapeutiche, ma solo «migliorative», cioè eliminative non di malattie genetiche, ma di semplici deviazioni dalla normalità per fini eugenetici. Col rischio, anche qui, della selezione genetica.
4. Circa la sfera e i limiti di liceità
delle manipolazioni genetiche sull'uomo, essi appaiono segnati dai quattro
principi personalistici, costituzionalmente riconosciuti, che valgono
per le attività biomediche in generale, tradizionali e d'avanguardia.
Primo principio personalistico è il principio
della salvaguardia della vita, integrità fisica e salute del
soggetto, che sancisce la indisponibilità dell'essere umano e rende
lecito tutto e solo ciò che è utile per la conservazione
dei suddetti beni. Coi conseguenti corollari della liceità: 1) dell'attività
terapeutica, anche la più demolitiva, che è tale allorché
e finché i prevedibili benefici superino i prevedibili rischi; 2)
della sperimentazione terapeutica se ed in quanto sussista il c.
d. tentativo di cura o di miglior cura; 3) della sperimentazione pura
o scientifica, purché non comporti il pericolo di morte o la
menomazione permanente dell'integrità fisica o salute del soggetto;
4) dei prelievi da vivente per fini di trapianto, sempre che non
comportino la morte o la menomazione permanente dell'integrità fisica
o salute del donatore. Con l'unica eccezione per il prelievo di rene, perché
autorizzato dalla legge del 1967, ma al limite della tollerabilità
costituzionale; 5) dei prelievi da cadavere, a condizione che il
soggetto sia morto (e non sufficientemente morto), secondo un concetto
di morte unico, quale che sia la destinazione del cadavere (sepoltura,
tavolo anatomico, prelievi per trapianto), consistente nella morte cerebrale,
totale e irreversibile (e non nella sola morte corticale o tronco-encefalica),
e parimenti certa, sia essa accertata coi metodi tradizionali o
con quelli precoci (elettrocardiografici o elettroencefalografici).
Ma col corollario, altresì: 1) della liceità
degli interventi genemanipolativi terapeutici, volti cioè
ad eliminare o attenuare le molteplici malattie geniche e che sono anch'essi
leciti nei limiti, gia sopraindicati, per le attività terapeutiche
o terapeutico-sperimentali, allorché abbiano raggiunto, allo stato
della scienza, questi livelli; 2) dell'illiceità degli interventi
genemanipolativi non terapeutici, che comportino cioè non benefici,
ma rischi per i beni della vita, integrità fisica e salute del soggetto.
E nulla importa, per la sussistenza dei delitti di omicidio o di lesioni,
che l'intervento sia effettuato sull'uomo nato, sul concepito o su cellule
in vitro, allorché tale danno si manifesti poi sul soggetto nato.
5. Secondo principio personalistico è
il principio della salvaguardia della intrinseca dignità dell
`uomo. Bene, questo, emergente per il moltiplicarsi delle possibilità
di aggressione, presenti, future e futuribili, ad esso. E ravvisabili:
1) nel trapianto del cervello, con
la creazione di un nuovo «uomo artificiale»;
2) nell'ibernazione di soggetti, vivi
o vitali, allo scopo di farli rivivere quando la scienza avrà trovato
i rimedi per vincere le loro malattie ora mortali: già tristemente
denominati «surgelati»;
3) nella protrazione del trattamento rianimatorio
su soggetti decerebrati, per la costituzione delle c. d. «banche
viventi di organi» attraverso i già denominati «uomini-pianta»
o «sempreverdi»;
4) nella psicochirurgia e nella psicoterapia,
aventi lo scopo non della cura della malattia mentale, ma della modificazione
della personalità, per estirparne la criminalità (es.: sessuale)
o per neutralizzare il dissenso politico;
5) nella locazione del ventre materno,
offensiva sia della dignità della donna, degradata ad organismo
riproduttore (incubatrice umana), sia della dignità del nato,
degradato a res commissionabile o commerciabile, ad oggetto di scambio
e, comunque, di contrattazione e di contenzioso. Il cui stato di figlio
viene a dipendere dall'osservanza o inosservanza del patto tra i contraenti
o dell'esito di una lite giudiziaria. E che, in quanto figlio di troppi
genitori, finisce per essere figlio di nessuno e subire uno sradicamento
della propria identità;
6) della pur auspicata gestazione extramaterna:
nel ventre animale, per liberare la donna «moderna»
dagli inconvenienti (fisici ed estetici) e dalle limitazioni di libertà
della gravidanza; nel corpo maschile, per consentire alle coppie
omosessuali di avere figli e per soddisfare il desiderio di maternità
del transessuale; o nell'incubatrice meccanica, per realizzare l'ossessivo
sogno di «bambini perfetti», essendo possibile, di fronte all'insorgenza
di qualche anomalia, spegnere l'interruttore;
7) nella clonazione, perché
lesiva della prerogativa prima della personalità e dignità
umana: il diritto all `identità genetica, ad essere un unicum
inedito e irripetibile, già al livello biologico;
8) nella selezione genetica, stante,
anche qui, l'intangibilità del genoma umano, del messaggio ereditario
che caratterizza ogni individuo;
9) nell'ibridazione uomo-animale, che
offende la dignità umana oltre gli stessi limiti della «specificità».
Col drammatico problema giuridico se l'ipotetico umanoide, anche illecitamente
ottenuto, debba sottostare alla degradante tutela giuridica delle res
animali, ad una impraticabile tutela autonoma come tertium genus
o, non piuttosto, alla stessa tutela dell'uomo, in forza del principio
pensonalistico e tuzioristico in dubio pro homine. finché
un tratto di umanità non possa escludersi nell'ibrido.
6. Terzo principio personalistico è il principio
dell `eguaglianza e pari dignità dei soggetti umani in quanto
tali, che svolge una funzione garantista irrinunciabile di fronte agli
sconfinati orizzonti di strumentalizzazioni discriminatorie dell'uomo.
E più precisamente:
1) contro le discriminazioni nelle sperimentazioni
e nei prelievi da vivente a danno dei c. d. «soggetti esposti»:
detenuti, condannati a morte e moribondi, malati nel corpo o nella mente,
vecchi e bambini, pazienti non paganti o di basso livello culturale, studenti
in medicina, persone di colore o delle c. d. civiltà arretrate;
2) contro le discriminazioni nelle c. d. scelte
tragiche, quando cioè la richiesta di mezzi terapeutici (es.:
organi da trapiantare) superi la disponibilità. Allorché
tali scelte siano operate in termini utilitaristici: a favore dei capi,
dei migliori, dei più ricchi, degli incensurati, di non disoccupati,
ecc. E non in termini personalistici, secondo gli obiettivi criteri della
maggiore idoneità clinica (es.: al trapianto sotto il profilo dell'istocompatibilità
e generale). E, a parità di idoneità clinica, della maggiore
necessità e urgenza. E, a parità di necessità e urgenza,
della priorità cronologica della domanda;
3) contro le discriminazioni in materia di morte,
mediante l'adozione di concetti diversi di morte e di parametri di accertamento
di non pari certezza, a seconda della destinazione del cadavere (es.: al
prelievo di organi);
4) contro le discriminazioni insite nella riproduzione
di soggetti umani per donazione e nella selezione genetica,
poiché il principio di eguaglianza e pari dignità, se si
arrende impotente innanzi alle inevitabili disuguaglianze naturali (fisiche,
intellettuali, caratteriali, di salute), si oppone alla costruzione programmata
di discriminazioni tra individui, siano essi superiori o inferiori.
7. Quarto principio personalistico è il principio del consenso informato, che ha segnato il passaggio epocale dalla tradizionale concezione paternalistica dei «doveri del medico», benefattore e onnidecidente, alla concezione personalistica dei «diritti del paziente», primi fra tutti il «diritto alla salute» e il «diritto alla autodeterminazione», alla compartecipazione decisionale a ciò che lo riguarda. Con conseguente facoltà del rifiuto della stessa terapia, compresa la terapia genica, tanto più se somatica, essendo il beneficiario lo stesso soggetto.
8. Circa la fecondazione assistita,
per cercare di impostare e risolvere correttamente, al di sopra delle forzature
ideologiche nei vari sensi, il pressante problema dei limiti della liceità
e porre fine alla «fecondazione selvaggia» e al «turismo
procreativo» verso il nostro paese, occorre un duplice atto di lealtà.
Un atto di lealtà giuridica,
nel senso che trattasi di problema non soltanto morale e di libertà
della donna o dei coniugi (come per 1' inseminazione omologa), ma giuridico,
coinvolgendo due interessi talora collidenti (come nella fecondazione eterologa
e in quella extramatrimoniale della donna single): a) il c. d. diritto
del soggetto alla procreazione; b) il c. d. diritto del nato ai
due genitori biologici, di sesso diverso e non genitori-nonni.
Due interessi entrambi oggetto di riconoscimento
giuridico-costituzionale. E dei quali quello ai due genitori trova solide
basi già al livello antropologico, per l'essenzialità,
secondo le scienze pedagogico-psicologiche, anche della figura genitoriale
maschile per lo sviluppo della personalità; al livello solidaristico,
essendo gli obblighi genitoriali di mantenimento, educazione e istruzione
meglio soddisfatti da due genitori (tanto più in caso di morte di
uno di essi); al livello umano, per sentirsi il bambino in posizione
paritetica con la maggioranza dei fanciulli aventi due genitori.
E un atto di lealtà legislativa, nel
senso che i legislatori, nell'esercizio dei loro poteri sovrani e in conformità
alle rispettive Costituzioni possono scegliere tra tre tipi di soluzioni:
a) della prevalenza assoluta del diritto alla prole, con la conseguente
legalizzazione della fecondazione omologa, eterologa ed extramatrimoniale;
b) della prevalenza assoluta del diritto ai due genitori e alla
coincidenza dei genitori legali e biologici, assicurata con la legalizzazione
della sola fecondazione omologa; c) della prevalenza relativa del diritto
ai due genitori, ma non anche alla coincidenza dei genitori legali
e biologici; assicurata dalla legalizzazione della fecondazione omologa
ed eterologa, ma non di quella extramatrimoniale. Soluzione adottata, se
non andiamo errati, dalla maggior parte dei paesi. E, altresì, dal
testo unificato del nostro disegno di legge del 1997, ma con l'ulteriore
legalizzazione della fecondazione assistita anche alla famiglia di fatto:
un'apertura, questa, che, in mancanza di una disciplina giuridica identificativa
di detta famiglia e per la facilità degli aggiramenti probatori
ditale evanescente entità, porterà a quella liberalizzazione
indiscriminara della fecondazione assistita, che apparentemente si voleva
evitare.
9. Per quanto riguarda gli interventi sull `embrione,
di fronte al loro moltiplicarsi (embrionicidio, embriosperimentazione,
embriogenemanipolazione, embrioproduzione per fini procreativi o per fini
industriali, cosmetici, di prelievo a scopo di trapianto, embriocongelamento)
non più eludibile è il problema dello «statuto del
concepito», articolantesi:
1) nel problema della natura del concepito:
oggetto o soggetto di diritto? Con le tre possibili soluzioni: a) della
tesi, sempre più minoritaria, del concepito quale mera «res»,
sottoposto alla disciplina giuridica delle cose o delle parti del corpo
umano e, pertanto, oggetto di assoluta disponibilità; b) della tesi,
opposta, del concepito quale «persona giuridica», sottoposto
di principio alla stessa tutela del nato e, quindi, soggettività
di assoluta indisponibilità, che può subire sacrificio solo
per la necessità della salvezza della vita della madre; c) della
tesi, intermedia e predominante, del concepito quale «essere umano»,
ma meno umano dell'uomo nato, quindi non ancora persona. E, perciò,
di disponibilità relativa, perché meritevole, sì,
di tutela, ma di una tutela di rango e portata inferiori: più circoscritta
rispetto all'aborto e più estesa o totale rispetto all'embriosperimentazione,
all'embrioproduzione per fini extraprocreativi, ecc.;
2) nel problema dell `inizio dell `«umanità»
del concepito, rispetto al quale si contrappongono: a) la tesi anticipativa
al momento della fecondazione dell'ovulo, che viene fondata sulla «razionalità
biologica», poiché la fusione dei gameti dà vita ad
un nuovo individuo: progettista, direttore e costruttore del nuovo essere,
fornendo la madre il solo materiale di costruzione e l'ambiente di lavoro;
b) la tesi posticipativa a successivi stadi dello sviluppo embrionale,
identificati utilitaristicamente (per creare fasi di piena disponibilità
del concepito per i più diversi fini): in termini biologici
(con l'annidamento dell'ovulo fecondato nell'utero, la comparsa della stria
embrionale primitiva, la formazione del sistema nervoso centrale, l'organogenesi);
o in termini filosofici (con l'insorgenza della capacità
di vita autonoma, della coscienza, o con la buona qualità della
vita, che porta a distinguere tra esseri degni ed esseri indegni di vita).
Di fronte, poi, alle crescenti possibilità
della biomedicina, le riposanti definizioni tradizionali dell'uomo come
essere nato da donna o figlio dell'uomo e della donna, non appaiono più
idonee ad abbracciare tutti gli esseri, con qualità di uomini, che
potranno venire ad esistenza non più attraverso le vie naturali
sessuali del concepimento e poi della gestazione e parto, ma attraverso
tecniche manipolative o sostitutive, sia attuali, future o futuribili,
lecite o illecite. Onde, in termini prudentemente anticipativi e programmatori
del futuro, può proporsi la nuova definizione di uomo, anche ai
fini della tutela penale, come il soggetto concepito nelle forme di
fecondazione sessuata, asessuata od extraspecifica, capace di vita autonoma.
Definizione, questa, onnicomprensiva, anche
degli ipotetici uomini donati, degli ipotetici umanoidi e dei nati dalla
gestazione meccanica, animale, maschile. E per la quale si diventa uomo,
ai fini del reato di omicidio e come conferma anche l'art. 7 della legge
sull'aborto, non più con la nascita (cioè con l'inizio del
distacco dall'utero: delle doglie o della rottura del sacco delle acque),
ma con l'acquisita capacità di vita autonoma, extrauterina, sempre
più anticipata col progresso delle tecniche per la sopravvivenza
del concepito: fino alla ventesima settimana dal concepimento.
10. Da quanto sopraesposto, una duplice conclusione
giuridica.
La prima considerazione è che i codici
penali tradizionali, che fra l'altro limitano i delitti contro la persona
ai delitti contro la vita, incolumità, libertà, onore, si
rivelano inadeguati a tutelare l'uomo nato, il concepito, l'ambiente e
la stessa comunità umana contro i possibili pericoli della biomedicina
e dell'ingegneria genetica. Onde i nuovi codici penali o punitivo-amministrativi
debbono arricchirsi o stanno arricchendosi delle nuove categorie - come
ha fatto anche lo Schema di nuovo codice penale del 1992 - dei delitti
(o degli illeciti amministrativi) contro la dignità umana, l'identità
genetica (alterazione genetica, donazione, selezione genetica, ibridazione),
contro la salute collettiva, contro l'ambiente (attentati all'equilibrio
ecologico), contro l'umanità (produzione di armi biologiche e di
sterminio) e contro il concepito (embrionicidio, embriosperimentazione,
embriogenemanipolazione, embriocreazione per fini non procreativi). Insufficiente
appare, poi, la tradizionale tutela repressiva del danno già verificatosi
(morte, lesioni, epidemia, disastro ecologico) e necessari sono, altresì,
una tutela e controlli amministrativi e penali preventivi, essendo di scarsa
utilità la punizione del danno già verificatosi (avvenuta
creazione dell'uomo donato e geneticamente selezionato, dell'uomo ibrido;
epidemie incontrollabili e catastrofi ambientali).
E la conclusione finale è che le crescenti
ed entusiasmanti possibilità, ma anche i crescenti pericoli delle
tecniche biomediche appaiono imporre all'umanità la sempre più
chiara presa di coscienza che lo «scientificamente possibile»
non è per ciò solo «con» e «per»
l'uomo e che l'umanità mai come oggi, con la c. d. «bomba
genetica», si trova di fronte a una scelta di fondo tra la tutela
dell'intrinseca dignità dell'uomo e conati di onnipotenza dalle
implicazioni imprevedibili.
NOTA
(1) Per una più ampia trattazione
dei suddetti temi qui sommariamente esaminati, ci permettiamo rinviare
al nostro Diritto penale. Delitti contro la persona CEDAM, Padova
1995, pp. 39 sgg., e alla bibliografia ivi citata.
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al español.
LAS NUEVAS FRONTERAS DE LA BIOÉTICA
Ferrando Mantovani
RESUMEN: Los avances científicos en biogenética plantean nuevos problemas penales que vienen a agruparse en tres categorías: manipulación genética, intervenciones sobre el embrión, fecundación asistida. El análisis de cada una de ellas pone de manifiesto tanto facetas que alimentan la esperanza y la ilusión de conseguir un mundo mejor (fármacos más eficaces, alimentos más abundantes y baratos, curación de enfermedades hoy mortales, etc.) como riesgos potencialmente espantosos y de alcance imprevisible (catástrofes ambientales, epidemias incontrolables, selección genética de razas superiores o inferiores, etc). El derecho debe afrontar estas nuevas realidades mediante la tipificación de nuevas figuras punitivas y mediante la intervención preventiva, teniendo siempre como referente el valor esencial de la dignidad intrínseca del ser humano.
PALABRAS CLAVES: bioderecho, bioética, delitos relativos a la manipulación genética, dignidad humana, embrión, fecundación asistida.
FECHA DE PUBLICACIÓN EN RECPC:
julio de 1999
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