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Professore ordinario di Diritto penale nell`Università di Firenze Pulse aquí para consultar la traducción al castellano |
SUMARIO:
1. Considerazioni introduttive.
2. I prelievi da vivente.
3. I prelievi da cadavere.
4. L´innesto terapeutico, terapeutico- sperimentale,
sperimentale.
5. La tutela penale contro le violazioni dei limiti
dei trapianto.
1. Considerazioni introduttive.
Nell'ambito della chirurgia sostitutiva occorre
distinguere, agli effetti giuridici, innanzitutto tra:
A) chirurgia sostitutiva con organi o parti di organi artificiali,
che
resta tuttora, e per buona parte, un´aspirazione e si esaurisce nell'unica
fase dell'impianto, dell'innesto;
B) chirurgia del trapianto, che ha per oggetto parti anatomiche
appartenenti o appartenute ad essere vivente e che si articola nelle distinte
fasi del prelievo e dell'innesto. Nell'ambito dei trapianti
va distinto tra: 1) trapianti autoplastici (o autologi o autotrapianti),
in
cui il donatore ed il ricevente si identificano, essendo le parti anatomiche
prelevate dallo stesso organismo che le riceve; 2) trapianti eteroplastici
(o eterotrapiapiti), in cui donatore e ricevente sono soggetti
distinti ed appartenenti a specie diverse; 3) trapianiti omoplastici
(o omotrapianti), quando donatore e ricevente sono della stessa specie,
geneticamente identici (trapianti isogenici o isotrapianti:
es.,
tra gemelli monovulari) o diversi (trapianti allogenici oallotrapianti
(es..
da uomo ad uomo).
In rapporto agli omotrapianti va ancora distinto
tra: a) trapianto da vivente, quando la parte anatomica proviene
da persona in vita attraverso un prelievo effettuato a scopo di trapianto
o nel corso di una ordinaria operazione chirurgico-terapeutica o per effetto
di un incidente o di un fatto lesivo altrui (parti anatomiche c.d. "libere");
b) trapianto da cadavere, quando il prelievo viene effettuato da
un corpo umano a morte avvenuta.
Con riferimento alla natura delle parti anatomiche
occorre
distinguere tra: a) trapianti di tessuti (isotrapianti); b) trapianti
di organi (organotrapianti). E da ultimo va distinto, in rapporto alla
sede
del trapianto, tra: a) trapianto ortotopico (o sostitutivo),
quando
l'organo è collocato al posto dell'organo primitivo;
b) trapianto
eterotopico (o supplettivo), quando l'organo primitivo viene lasciato
al suo posto e l'innesto viene effettuato in altra parte del corpo.
Sotto il profilo giuridico gli omotrapianti costituiscono,
oggi, non più o non tanto un problema di liceità, essendo
essi ammessi in tutti i paesi scientificamente progrediti, quanto un problema
di limiti.
Ma nella individuazione dei limiti e condizioni
di tale liceità le legislazioni esistenti, compresa la nostra, non
sono di completo aiuto, poiché esse disciplinano più che
il "trapianto", il "prelievo a scopo di trapianto", limitandosi a regolare
la materia, soprattutto e in modo frammentario, dall'angolo visuale del
donatore e non anche del ricevente. Sicché nella ricerca
dei principi aspiratori occorre risalire, in ultima analisi, alla distinzione
di fondo (1) tra: 1) la concezione utilitaristica
dell'uomo,
inteso come uomo-cosa, uomo-massa, uomo-mezzo e come tale strumentalizzabile
per finalità superiori ed assorbenti o, comunque, extrapersonali.
Ne è corollario il principio della disponibilità
dell'essere
umano, il cui limite logico è dato: a) secondo l'utilitarismo
statuale-collettivistico, dal rapporto di proporzione tra il danno
del soggetto e l'utilità collettiva, fino a legittimare, da un lato,
la più ampia disponibilità pubblica dell'uomo (eutanasia
eugenetica, economica, criminale, sanitaria; sterilizzazione coattiva,
aborto demografico; sperimentazione umana e prelievi da vivente coattivi;
nazionalizzazione del cadavere, ecc.) e, dall'altro, l'imposizione del
dovere
di curarsi. La pericolosità di tale concezione trova tragiche
conferme storiche, dai tempi più lontani alle allucinanti degenerazioni
della medicina nazista; b) secondo l'utilitarismo individualistico-edonistico,
dal consenso del soggetto in nome del quale - in un soggettivismo
assoluto e senza limiti- si legittima ogni politica di liberalizzazione
(dell'aborto, droga, sterilizzazione irreversibile, transessualismo, eutanasia
pietosa, inseminazione artificiale, locazione del grembo materno, suicidio,
ecc.). La storia della umanità è anche storia dei misfatti
commessi sotto il paravento e l'alibi dello pseudoconsenso di pseudovolontari;
2) la concezione personalistica dell'uomo, che afferma il primato
dell'uomo come valore in sé: dell'uomo-valore, uomo-persona,
uomo-fine, col categorico divieto di ogni strumentalizzazione per alcun
interesse extrapersonale. Ne è corollario il principio della
indisponibilità della persona unana, da cui derivano quali sottoprincipi:
a) il principio della salvaguardia della vita, integrità fisica
e salute del soggetto; b) il principio della salvaguardia della
dignità della persona umana; c) il principio della eguaglianza
e pari dignità dei soggetti umani; d) il principio
del consenso del soggetto. Principi che trovano, tutti, consacrazione
nella nostra Costituzione, che è stata concepita e costruita come
costituzione innanzitutto personalistica.
Ed alla luce del principio personalistico le condizioni
ed i limiti di liceità dei trapianti, come più in generale
di ogni trattamento medico-chirurgico, variano a seconda che essi costituiscano:
a) attività terapeutica, perché effettuata su soggetto
malato,
nel
di lui precipuo interesse terapeutico e con mezzi aventi una obiettiva
idoneità terapeutica, cioè collaudati dall'esperienza
ed i cui noti benefici superano i noti rischi; b) attività terapeutico-sperimentale,
perché
anch'essa effettuata nell'interesse terapeutico del soggetto malato,
ma
con mezzi non ancora o non sufficientemente collaudati dall'esperienza
con conseguente incertezza
dei possibili effetti positivi o negativi;
c)sperimentazione pura (o scientifica),
effettuata non nell'interesse
diretto del soggetto (che può essere anche persona sana), ma per
finalità di progresso scientifico
e con mezzi di cui sono
ancora incerti o sconosciuti
i possibili effetti positivi
o negativi.
E per una corretta impostazione giuridica vanno
distintamente esaminati i problemi: a) del prelievo, da vivente
o
da cadavere; b) dell'innesto della parte anatomica prelevata.
2. I prelievi da vivente.
Il fondamento politico-sostanziale del prelievo
da vivente a scopo di trapianto terapeutico o terapeutico-sperimentale
va ricercato nell'interesse terapeutico non del donatore ma del ricevente:
e il fondamento tecnico-formale nella scriminante dell'attività
giuridicamente autorizzata (art. 51 c.p.), che scrimina nei limiti di tale
giuridica autorizzazione.
I limiti oggettivi sono rappresentati: 1)
dal
principio della salvaguardia della vita, salute e integrità
fisica del donatore (artt. 32 Cost., 5 c.c., 579 c.p.), in base al
quale sono leciti i prelievi che non comportano una menomazione permanente
della integrità fisica (di tessuti, di sangue, di pelle, ecc.) e,
pertanto, sono vietati i prelievi non solo di organi unici (del
cuore, fegato, pancreas, milza, ecc.), ma anche di organi doppi (di
un occhio, polmone, ghiandola sessuale, ecc.). Con l'unica eccezione per
il rene, introdotta dalla legge 26-6-1967, n. 458, che si pone al
limite della tollerabilità costituzionale non solo per la particolare
situazione psicofìsica in cui viene a trovarsi il donatore dopo
la cessione dell'organo, ma anche per l'inquietante interrogativo se e
fino a che punto sia lecito porre l'uorno (genitore, figlio, fratello,
ma anche ognuno di noi) nell'angosciosa alternativa tra l´eroismo
e il rimorso, denudandolo di fronte alla propria coscienza. Corollari di
tale principio sono: a) l'idoneità (clinica, immunologica,
psichica) del donatore, espressamente richiesta, per i prelievi di sangue,
dall'art. 9 dell'abrogata legge 14-7-1967, n. 592 e relativo regolamento
esecutivo del 1971, e dall'art. 4 della vigente legge 4-5-1990, n. 107,
nonché, per il prelievo del rene, dagli artt. 2/5 e 3 della legge
cit. n. 458 del 1967; b) la finalità, utilità, necessitàterapeutica
deI prelievo, nei confronti del ricevente, e della inevitabilità
altrimenti della morte del medesimo, onde evitare che il sacrificio del
donatore del rene possa ridursi ad una mutilazione inutile o non necessaria;
c)
l'idoneità del luogo di esecuzione e la capacità tecnica
dell'esecutore
del prelievo, requisiti espressamente richiesti e specificati, per quanto
riguarda il prelievo del rene, dall'art. 3 della legge sopracitata. Va
anche ricordato che la legittiniazione a donare, che per
i tessuti è riconosciuta a chiunque senza alcun ordine di priorità,
per il rene è prevista secondo un ordine di priorità che
dai parenti più stretti (genitori, figli, fratelli) si estende,
in caso di inidoneità o non disponibilità di questi, agli
altri parenti e agli estranei (art. 1 L. cit.); 2) dal
principio della
salvaguardia della dignità umana (artt. 3, 41, 32 Cost.), che
comporta il divieto dei prelievi che si traducano in sfregi e lesioni deturpanti
delle sembianze dell'individuo, come pure il prelievo di ghiandole sessuali;
3) dal principio della eguaglianza e della pari dignità unzana
(art.
3 Cost.), che si oppone ad ogni discriminazione in materia di prelievi,
così come di sperimentazione, a danno dei cosiddetti "soggetti esposti"
(detenuti, moribondi. malati nel corpo o nella mente, vecchi, persone di
colore o appartenenti a civiltà arretrate, ecc.).
Il limite soggettivo è dato dall'inderogabile
principiodel
consenso dei donatore (artt. 13 Cost.: 1 L. n. 180 del 1978 e 33 L.
n. 833 del 1978. 1 L. n. 458 del 1967 sul trapianto del rene e 3 L. n.
107 del 1990 sul prelievo del sangue). Per la validità del consenso
deve trattarsi di consenso: a) personale, prestato cioè dallo
stesso donatore, poiché i rappresentanti legali non possono consentire
interventi a danno del rappresentato (es.: il prelievo del rene dal figlio
minore per essere trapiantato su altro figlio); b)
reale,
non essendo
ammissibile quel consenso presunto, che è invece ammesso per le
attività terapeutiche di necessità ed urgenza rispetto a
pazienti in stato di incoscienza; c) prestato da donatore capace,
sia
per le condizioni psichiche sia per l'età,
che per il prelievo
del rene è fissata dalla relativa legge nella "maggiore età",
la quale al tempo dell'entrata in vigore della stessa era quella dei 21
anni ed è verosimilmente da ritenersi che resti tale anche ora in
ragione della gravitá dell`'atto dispositivo e, a fortiori, se
si tiene presente che per il sangue (e, analogicamente, riteniamo per i
tessuti in genere) la legge n. 107 del 1990 (art. 3) ne vieta il prelievo
da soggetti di età inferiore ai 18 anni, mentre solo i prelievi
di piastrine e leucociti e a di cellule staminali, midollari e periferiche,
a scopo di trasfusione per l'allotrapianto e l'autotrapianto nello stesso
soggetto o in soggetto diverso, possono essere eseguiti su infradiciottenni
previo consenso degli esercenti la potestà genitoriale, del tutore
o del giudice tutelare; d) libero dai tradizionali vizi della violenza,
minaccia, inganno, ma anche spontaneo, cioè determinato non
da fattori esterni (promessa di compensi, situazione psicologica creatasi
nella famiglia, paura dei rimorso, desiderio di pubblicità, ecc.),
ma dal movente autenticamente altruistico della solidarietà umana.
Mentre la legge sul prelievo del sangue (analogicamente applicabile ai
tessuti) si limita ad esigere il semplice consenso, uniformandosi al generale
principio della libertà da detti vizi (art. 9), la legge sul rene,
richiedendo anche la spontaneità che deve essere accertata dal pretore
(art. 2), ha ritenuto di ammettere un sacrifìcio non solo pienamente
libero, ma moralmente autentico; e) consapevole, cioè fondato
su una previa adeguata informazione del donatore sulla perdita anatomica,
sui rischi operatori, postoperatori e a lungo termine, sulle conseguenze
e limitazioni immediate e future sulla vita e attività lavorativa,
sui limiti e probabilità di successo della terapia del trapianto
sul ricevente (art. 2 legge sul rene); f) attuale, cioè prestato
e comunque persistente fìno al momento del prelievo; revocabile
fino
al momento dell'intervento chirurgico (art. 2 L. n. 458 dei 1967 sul rene);
incondizionato,
non essendo valido il consenso al prelievo renale subordinato a condizioni
o ad altre manifestazioni accessorie di volontà (art. 2 L. cit.).
Mentre, poi, per i tessuti (es.: sangue) si può donare anche in
certam personam (art. 2 L. cit.); g) gratuito,
essendo stato il
principio della gratuità accolto dalla legge sul prelievo renale
(art. 2), che lo ha sanzionato con la nullità della pattuizione
(art. 6), e ribadito dalla legge del 1990 sul sangue (mentre la legge sul
sangue del 1967, artt. 15-17, ne prevedeva il prelievo anche dietro compenso);
h) formale, in quanto l'atto di donazione del rene deve essere ricevuto
dal pretore e redatto per iscritto (art. 2 L. cit.), mentre per i tessuti,
stante il silenzio della legge, vale il principio generale della libertà
di forma.
3. I prelievi da cadavere.
Per quanto riguarda i prelievi da cadavere il
principio della inviolabilità e della normale destinazione del cadavere
ha subito deroghe a favore della disponibilità per le tradizionali
finalità di interesse scientitico (autopsia clinica), didattico
(dissezione anatomica per l'insegnamento medico), igienico-sanitario (riscontro
diagnostico sui cadaveri per morte dovuta a malattia infettiva o diffusiva),
giudiziario (autopsia medico-legale), e, ora, per le finalità
terapeutiche dei trapianti.
Il fondamento politico-sostanziale va ricercato,
come per i prelievi da vivente, nell'interesse della altrui e il fondamento
tecnico-formale nella scriminante dell´attività giuridicamente
autorizzata (art .51 c.p.), che scrimina nei limiti di tale giuridica autorizzazione.
I limiti oggettivi sono costituiti:
A) dal principio della salvaguardia della vita
del soggetto,
che esige la certezza di operare sul corpo di persona morta e, quindi,
della intervenuta morte. Preliminarmente si pongono due problemi di fondo
(2):
a)
il concetto di morte, che secondo il principio personalistico deve
essere unico a tutti y fini, non potendosi ammettere che il soggetto
sia "morto" o "non morto", "più morto" o "meno morto" a seconda
della diversa destinazione del cadavere (sepoltura, tavolo anatomico per
finalità scientifica o didattica, prelievi a fìne di trapianto):
diversi possono essere i metodi di accertamento (normali o precoci), rispetto
però ad una morte che resta sempre unica per tutti; e deve essere
dato dalla morte cerebrale (non solo corticale)
irreversibile,
non
potendosi più parlare di vita della "persona" in un soggetto in
cui il battito cardiaco ed il respiro costituiscono un mero artificio,
mantenuto dalla macchina; come del resto ha espressamente sancito l'art.
1, legge n. 578 del 1993, per il quale "La morte si identifica con la cessazione
irrevocabile di tutte le funzioni dell'encefalo"; b) l'accertamento
della morte,
che deve garantire fuori di ogni dubbio che la suddetta
morte cerebrale irreversibile sia -ed ecco l'inquietante interrogativo-
scientificamente certa sulla base dei parametri offerti dalla migliore
scienza ed esperienza del momento storico, essendo la morte una "diagnosi"
e non una "prognosi" e dovendo essere il soggetto "morto" e non "sufficientemente
morto". Diversi possono essere i metodi di accertamento (normali o precoci),
rispetto però ad una morte che deve essere, sempre, parimenti certa:
in tutti i casi.
Il diritto italiano prevede una pluralità
di metodi di accertamento della morte. E precisamente:
1) il metodo elettroencefalografico, unitamente
ai mezzi della semeiotica neurologica, clinica e strumentale, che è
utilizzabile allorché: a) si debba procedere a prelievi a fine
di trapianto terapeítico (cosi per la L. n. 644 del 1975) od
anche a prescindere da tali prelievi (così per la L. n. 578 del
1993); b) si tratti di soggetti affetti da lesioni cerebrali (primitive
per
la suddetta L. del 1975, e, ora, anche secondarie), sottoposti a
rianimazione; c) durante il periodo di osservazione non si verifichi la
cessazione
spontanea del battito cardiaco.
L´art. 3, d.m. n. 582 del 1994, stabilisce
infatti che nei suddetti soggetti la morte si verifica quando in essi venga
riscontrata la contemporanea presenza della serie di condizioni ivi elencate.
L´inizio della coesistenza delle condizioni predette determina il
momento
della morte, ma questa deve essere accertata attraverso la loro ininterrotta
presenza durante un successivo periodo di osservazione (di 24, di 12 e
di non meno 6 ore, rispettivamente, per il d.m. 1970, la L. n. 644 del
1975 e la I. n. 578 del 1993). Le condizioni sopraindicate devono essere
controllate e rilevate per almeno tre volte, all'inizio, a metà
e alla fine del periodo di osservazione;
2) il metodo elettrocardiografico, unicamente
all'accertamento della assenza di respirazione spontanea e di attività
elettrica cerebrale, che è utilizzabile allorché: a) si debba
procedere (così per la L. n. 644 del 1975) a prelievi a fine di
trapianto terapeutico o anche a prescindere da tali prelievi (così
per la L. n. 578 del 1993); b) non si tratti di soggetti affetti da lesioni
encefaliche e sottoposti a rianimazione, ma con arresto protratto della
circolazione e respirazione; c) si tratti di soggetti affetti da lesioni
encefaliche, sottoposti a rianimazione, qualora, durante il periodo di
osservazione sopraindicato, si verifìchi la cessazione spontanea
del battito cardiaco. Stabilisce, infatti, l'art. 1 del d.m. n. 582 del
1994 che l'accertamento della morte per arresto cardiaco può essere
effettuato con il rilievo grafico continuo dell'elettrocardiogramma protratto
per non meno di 20 minuti prinù. La legge n. 301 del 1993 prevede
che, in caso di prelievo di cornea per trapianto, la morte può essere
accertata mediante il metodo suddetto. Ed il Reg. di polizia mortuaria
del 1990 prevede (art. 8) che il medico necroscopo, riscontrati gli altri
segni suddetti, anziché attendere il decorso del periodo di osservazione
delle 24 ore, possa procedere all'accertamento strumentale della morte
mediante l'ausilio dell'elettrocardiografo;
3) il metodo comune, che è quello
ora fissato dal d.p.r. n. 285 del 1990 e che resta, per esclusione, applicabile
a tutte ie ipotesi diverse dalle suddette.
Circa i soggetti legittimati ad accertare la
morte col metodo elettroencefalografico integrato, la suddetta legge
del 1993, unicamente alla legge del 1975 per quanto da quella non specificamente
menzionato (art. 6), si preoccupa di soddisfare la quadruplice esigenza:
a) della adeguata capacità tecnica, adottando il principio
della collegialità pluridisciplinare e qualifìcata
(art. 2); b) della non interferenza della fìnalità
del trapianto sull'accertamento della morte del donatore, sancendo il principio
della estraneità assoluta dei medici che effettuano il prelievo
ed il trapianto all'accertamento della morte (art. 6, richiamante l'art.
9, L. del 1975); c) dell'unanitá (art. 2); d) della motivazione,
per
consentire un eventuale controllo successivo sul giudizio di morte (art.
6, richiamante l'art. 8 della L. del 1975). Circa il metodo elettrocardiografìco,
la legge del 1993, mentre sui punti dell'estraneità, unanimità
e motivazione si richiama (art. 6) a quanto stabilito dalla legge del 1975,
sul punto della collegialità o meno tace e il d.m. del 1994 all'art.
1 parla di accertamento "effettuato da un medico". Ed anche rispetto al
prelievo di cornea l'art. 2 della legge del 1993 parla genericamente di
"medico che dichiara la morte";
B) dal principio della salvaguardia della dignità dellapersona
umana, che comporta il divieto del trattamento rianimatorio sul soggetto
una volta accertata l'irreversibilità della morte cerebrale, onde
evitare che -attraverso l'artificio, operato dalla macchina, di un battito
cardiaco non spontaneo- venga protratta la degradazione della persona umana
a "uomo-pianta", a "sempreverdi" e si istituiscano le cosiddette "banche
viventi di organi", ove uominipianta vengono mantenuti in rianimazione
per un tempo indeterminato in attesa di un malato bisognoso di organì.
Trattandosi di cadavere, è doveroso -a meno che non si debba procedere
nella immediatezza ad un prelievo a scopo di trapianto- porre fine al trattamento
rianimatorio. Ed il cadavere deve seguire la sua naturale destinazione
sussistendo l'obbligo della sepoltura, desumibile dallo stesso Regolamento
di polizia mortuaria e sanzionato penalmente dagli abrogati regolamenti
mortuari del 1942 e 1975 (non più, sembra e misteriosamente, da
quello, vigente, del 1990) e, comunque, disciplinarmente. Il che emerge
con maggiore evidenza dalla legge n. 578 del 1993, che, al fìne
di evitare le corsie dei "sempreverdi", considera i soggetti. sottoposti
a rianimazione per lesioni encefaliche, morti al momento della morte cerebrale,
anche se non destinati a prelievi a scopo di trapianto.
Il rispetto della dignità del cadavere viene
assicurato dalla legge, che altresì impone il divieto delle mutilazioni
e dissezioni non necessarie e l'obbligo della ricomposizione del cadavere
con la massima cura (art. 7);
C) dal principio di eguaglianza e di pari dignità,
che
vieta ogni discriminazione non solo in rapporto al concetto di morte, ma
anche per quanto riguarda il diritto di disporre del proprio futuro cadavere
in funzione di particolari condizioni personali e sociali e, perciò,
quelle odiose discriminazioni, di diritto o di fatto, per i poveri anche
dopo la morte, che portano sul tavolo anatomico le spoglie dei soggetti
del rifiuto sociale.
Per quanto riguarda i limiti soggettivi, tra
gli opposti sistemi, privatístici (incentrati sul previo consenso
del soggetto in vita e/o dei congiunti) e pubblicistici (della c.d. "nazionalizzazione"
del cadavere, proposta da una minoranza di autori), la legge italiana del
1975 ha adottato la controversa soluzione, di più accentuato carattere
pubblicistico, della non opposizione, nel senso che il prelievo
da cadavere (non sottoposto a riscontro diagnostico o ad operazioni autoptiche
ordinate dalla autorità giudiziaria) è vietato: a) se vi
è stato espresso dissenso del soggetto in vita; b) se,
altrimenti, vi è stata opposizione scritta dei coniuge non
separato o, in mancanza, dei figli di età non inferiore ai 18 anni,
o in mancanza, dei genitori (art. 7). Con tutte le difficoltà di
accertare detto dissenso e di manifestare detta opposizione, tanto più
nei brevi termini di cui agli artt. 3 e 4. Limitatamente al prelievo di
cornea la legge n. 301 dei 1993 ha introdotto il sistema, parzialmente
derogatorio rispetto al suddetto, della non opposizione scritta del
soggetto e dell'assenso espresso dei congiunti. Ciò per evitare
che la minore propensione dei congiunti al prelievo del bulbo oculare,
in quanto alterante l'immagine dei morto, non si traducesse in una generica
opposizione al prelievo di qualsiasi altra parte anatomica.
Il consenso al prelievo, oltre che essere
revocabile
fino alla morte, deve essere valido e gratuito (art.
19 L. n. 644
del 1975 e art. 1 L. n. 301 del 1993 sul prelievo della cornea da cadavere).
4. L'innesto terapeutico, terapeutico-sperimentale,sperimentale.
Per quanto riguarda il problema dei limiti di liceità
dell'innesto,
va
premesso che anche in Italia si è passati da un sistema iniziale
di "legislazione chiusa", che tassativamente limitava i trapianti a determinate
parti anatomiche, all'attuale sistema di "legislazione aperta", che autorizza
genericamente i trapianti (con la sola eccezione dell'encefalo e delle
ghiandole della sfera genitale e della procreazione) ed è, pertanto,
pronta a recepire automaticamente i progressi della chirurgia sostitutiva,
senza bisogno di ulteriori continui interventi legislativi di aggiomarnento.
La legge del 1975, che -ripetiamo- disciplina il
prelievo, per quanto riguarda l'innesto si limita: a) ad esigere l'idoneità
del luogo dell'esecuzione e la capacità tecnica degli esecutori,
sancendo
che le operazioni di innesto sono effettuabili solo presso enti ospedalieri
e istituti universitari muniti di autorizzazione ministeriale, rilasciata
previo accertamento della idoneità delle attrezzature esistenti
e della specifica competenza medico-chirurgica e biologica dei sanitari,
rinnovabile ogni cinque anni, revocabile in qualsiasi momento e indicante
il nome dei sanitari abilitati al trapianto (art. 10). Per la più
recente legge del 1993 gli innesti di cornea possono essere effettuati
in strutture sanitarie pubbliche e private, senza alcuna particolare autorizzazione
(art. 3); b) a vietare il trapianto dell'encefalo e delle ghiandoledella
sfera genitale e della procreazione (art.
1). Il trapianto del cervello,
ancora
futuribile ma già ipotizzato o auspicato nella prospettiva utilitaristica
di rivestire con un nuovo corpo i cervelli geniali non più sorretti
da un corpo efficiente, si pone in aperto contrasto col principio personalistico
della salvaguardia della dignità della persona umana: per la mostruosità
di un "nuovo uomo" o, più esattamente, di un "uomo artificiale",
frutto della combinazione di due uomini non più idonei alla vita
in un essere che avrebbe la personalità dell'uno e le sembianze
esteriori dell'altro o, meglio, che non si identificherebbe con nessuno
dei due.
Di fronte al sostanziale silenzio della legge, i
limiti di liceità vanno desunti dai principi personalistici sopraindicati,
variando conseguentemente, a seconda che i vari tipi di trapianto siano
assurti a vera e propria terapia, permangano tuttora nel campo della
sperimentazione
terapeutica o non superino lo stadio della sperinietitazione pura.
A) Circa i trapianti terapeutici - e tali
possono considerarsi i trapianti di tessuti (sangue, tessuto osseo, segmenti
vascolari, cute. ecc.), nonché i trapianti cherotopiastici e, ormai,
anche i trapianti renali essi trovano, come più in generale l'attività
terapeutica, il fondamento politico-sostanziale della liceità nella
tutela della salute del singolo e il fondamento tecnico-giuridico nella
scriminante dell'attività giuridicamente autorizzata (art. 51 c.p.).
E parimenti per essi valgono i ben noti limiti, oggettivi e soggettivi,
della attività terapeutica in generale. E cioè: a) ilrapporto
di proporzione tra prevedibili benefici e danni, dovendo i primi superare
i secondi, poiché in caso contrario viene meno l'utilità
terapeutica dei trapianto. Data l'elevata probabilità di successo
dei trapianti di tessuti, basta di massima il requisito suddetto, e non
occorrono invece gli ulteriori estremi della necessità terapeutica
e della inevitabilità altrimenti dell'evento mortale, che sono,
invece, tuttora richiesti per il trapianto renale; b) il consenso personale
e reale, informato e specifico del paziente. Poiché i trapianti
terapeutici costituiscono un intervento nell'interesse della salute del
paziente, il principio del consenso personale e reale può essere
derogato a favore del consenso del rappresentante legale nel caso di ricevente
incapace di validamente consentire, e a favore del consenso presunto del
paziente nella situazione di urgente necessità terapeutica e di
impossibilità materiale di questi di prestare il consenso per stato
di incoscienza.
B) Quanto ai trapianti terapeutico-sperimentali
(e
tali possono tuttora considerarsi i trapianti di cuore, polmone, fegato,
pancreas), anch'essi trovano il fondamento politico-sostanziale della liceità
nell'interesse della tutela della salute individuale e il fondamento tecnico-giuridico
nella scriminante dell'attività giuridicamente autorizzata. Per
quanto riguarda i limiti, essi sottostanno: a) ai limiti oggettivi della
necessità
terapeutica del trapianto, dovendo sussistere la drastica alternativa
tra la diagnosi di morte certa e a breve scadenza e il tentare di evitarla
mediante il trapianto; della
inevitabilità altrimenti dell'evento
letale, non essendo il malato curabile con trattamenti diversi, perché
inesistenti o inutilmente praticati; della utilità terapeutica,
nel
senso che il trapianto deve quanto meno prolungare, verosimilmente, la
vita al paziente e rendergliela complessivamente migliore di quella che
sarebbe senza l'intervento, data l'inscindibile unità-psicofisica
della persona umana, per cui tale utilità va valutata con un metr
o non meramente "clinico", ma più integralmente "umano". L`utilità
terapeutica del trapianto è assicurata, oltre che dalla idoneità
dell'organo da trapiantare, dalla idoneità clinica, immunologica,
psicologica del paziente; b) al limite soggettivo del consenso,
personale (derogabile almeno astrattamente dal consenso del rappresentante
legale), reale, informato, specifico.
Alla luce dell'illuminante principio della eguaglianzae
pari dignità dei soggetti umani va risolto il problema delle
cosiddette scelte tragiche, che si pone allorché la richiesta
di organi da trapiantare sia superiore alla disponibilità, dovendo
tali scelte effettuarsi non col criterio utilitaristico o del privilegio
(dei capi, dei migliori, dei ricchi, degli incensurati, ecc.), ma con quello
obiettivo della maggiore idoneità clinica al trapianto o, a parità
di idoneità, della maggiore urgenza o della priorità cronologica.
C) Per quanto riguarda, infine, i trapianti
meramente sperimentali, essi trovano il fondamento politico-sostanziale
della liceità nell'interesse del progresso della medicina e il fondamento
tecnico-giuridico nella scriminante dell'attività giuridicamente
autorizzata. Essi sottostanno: a) al limite oggettivo della salvaguardia
della vita, salute e integrità fisica del soggetto, che trova
nel divieto di interventi che menomano permanentemente l'altrui integrità
fisica (art. 5 c.c.) la esplicita consacrazione legislativa. Se leciti
debbono considerarsi certi trapianti meramente sperimentali che non menomano
permanentemente l'integrità fisica del soggetto (es.: di capelli,
di cute su soggetti sani per lo studio della istocompatibilità),
ben più problematico è il discorso per quei trapianti di
organi, che, utopistici fino a non molti anni fa. sono già stati
tentati anche sull'uomo, nonostante il loro carattere prenúnentemente
sperimentale; b) al limite soggettivo del consenso, informato e specifico,reale
e ersonale, non essendo ammissibile -trattandosi di intervento non
nell'interesse della salute del paziente- alcuna deroga a favore del consenso
del rappresentante legale e del consenso presunto (mancando addirittura
l'estremo della urgente necessità dell'intervento).
5. La tutela penale contro le violazioni dei
limiti del trapianto.
Con la legge del 1975 sui prelievi da cadavere a
scopo di trapianto terapeutico si è avuto il passagio, pur se parziale,
dal sistema della responsabilità penale limitata ai soli casi di
evento infausto, doloso o colposo, al sistema della responsabilità
penale anche per le semplici violazioni delle disposizioni che regolano
la materia, con la previsione fra l'altro di specifiche incriminazioni,
deroganti alla normativa del codice penale in materia di delitti contro
la pietà dei defunti. Oltre a rafforzare la repressione del mercato
delle parti anatomiche, punendo non più soltanto chi le procura
ad altri o ne fa commercio per lucro, ma anche chi consente al prelievo
post mortem dietro prestazione o promessa di danaro o di altra utilità
(artt. 19, 20), tale legge punisce, con la reclusione fìno ad un
anno e la interdizione professionale fino a due anni, la effettuazione
di prelievi e trapianti in ospedali e istituti non autorizzati o da parte
di sanitari sprovvisti della abilitazione richiesta (art. 21). Punisce,
altresì, con la reclusione fino a due anni e l'interdizione professionale
fino ad un anno, il prelievo da cadavere a scopo di trapianto di parti
la cui esportazione è vietata (art. 22). E punisce, infine, con
la reclusione fino ad un anno e l'interdizione professionale fino a due
anni, il prelievo in violazione delle disposizioni sul dissenso del soggetto
e sulla opposizione dei congiunti.
La legge n. 458 del 1967 sul prelievo del rene da
vivente si limita a punire la mediazione, svolta a scopo di lucro, nella
donazione di tale organo (art. 7).
NOTAS:
(1) Per tale problematica e
per un' ampia trattazione della materia dei trapianti e della disponibilità
dei corpo umano, v.: MANTOVANI, I trapianti e la sperimentatone umana
nel diritto italiano e straniero. Padova, 1974: nonché, ID.,
Lepossibilitá,
i rischi e i limiti delle manipolazioni genetiche e delle tecniche biomediche,
in Riv. it. med. leg., 1990. 419: ID..
Diritto penale, Parte
sp., I Delitti contro la persona, Padova, 1995, 91.
(2) Sulla problematica della
morte v, ampiamente: MANTOVANI, "Morte (generalità)", in Eric dir.,
XXVII,
1977, 81; ID., Diritto penale. cit., 74.
BIBLIOGRAFIA:
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nei confronti del ricevente e della conservazione di organi, in Medicina
Sociale, 1973, 262. MANTOVANI, I trapianti e la sperimentazione umana nel
diritto italiano e straniero, Padova, 1974; ID., Trapianti d`organo: terapia
o sperimentazione?, RP, 1974, 253; ID., <<Trapianti>>, in N.N.D.I.,
App. VIII, Torino, 1987, 793. MELE, Normativa per il prelievo di parte
del cadavere a scopo di trapianti terapeutici, GP, 1975, I, 287. GUZZON,
Trapianti nell`uomo, IP, 1977, 309. CORTESINI, Fondamento dei trapianti
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sue implicazioni socio-giuridiche, GM, 1979, 506. SANTANIELLO, Problemi
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del 1975 alla legge 13 luglio 1990, n1
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GABRIELLI, Il prelievo e il trapianto di organo a scopo terapeutico, in
Medicina e Diritto, a cura di M. Barni-A. Santosuosso, Milano, 1995, 259.
LEGISLAZIONE:
Art. 32 Cost.; art. 5 c. c.; artt. 50, 410, 411, 413
C.P.; l. 3-4-1957, nº 235 (prelievo di parte del cadavere a scopo
di trapianto terapeutico); extracción de parte del cadáver
con el objeto de trasplante terapeutico); d.p.r.20-1-1961.n.300 (approvazione
del regolamento della L. 3-4-1957. n. 235); L.15-2-1961. n. 83 (norme per
il riscontro diagnostico sui cadaveri); d.m. 7-11-1961 (modalità
concernenti l´applicazione dell'art. 5 della L. 3-4-1957, n. 235);
d.p.r. 3-9-1965, n. 1156 (modifica all'art. 1 dei regolamento concernente
il prelievo di parti di cadavere a scopo di trapianto terapeutico, approvato
con d.p.r. 20-1-1961. n. 300); L. 26-6-1967. n. 458 (trapianto dei rene
tra persone viventi); art. 9 L. 14-7-1967, n. 592 (raccolta, conservazione
e distribuzione del sangue umano); L. 2-4-1968. n. 519 (modifiche alla
L. 3-4-1957, n. 235); d.m. r 11-8-1969 (modalità concernenti l'applicazione
dell'art. 5 della L. 5-4-1957. n. 235); d.m. 9-1-1970 (determinazione delle
metodiche per l'accertamento della morte nei soggetti sottoposti a rianimazione
per lesioni cerebrali primitive); d.p.r. 5-2-1970, n. 78 (modifica dell'art.
1 dei regolamento concernente il prelievo di parti di cadavere); d.p.r.
24-8-1971. n. 1256 (regolamento per l'esecuzione della L. 4-7-1967. n.
592); art. 43 d.p.r. 21-10-1975, n. 803 (regolamento di polizia mortuaria);
L. 2-12-1975, n. 644 (disciplina dei prelievi di parti di cadavere a scopo
di trapianto terapeutico e norme sul prelievo dell'ipofisi da cadavere
a scopo di produzione di estratti per uso terapeutico); d.p.r. 16-6-1977,
n. 409 (regolamento di esecuzione della L. 2-12-1975. n. 644); L.13-4-1978,
n. 180 (accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori); art.
33 L. 23-12-1978. n. 833 (istituzione del servizio sanitario nazionale);
L. 4-5-1990, n. 107 (disciplina per le attività trasfusionali relative
al sangue umano ed ai suoi componenti e per la produzione di plasmoderivati);
d.m. l5-1-1991 (protocolli per l'accertamento dell'idoneità del
donatore di sangue ed emoderivati); L. 12-8-1993 (norme in materia di prelievi
ed i'nnesti di cornea); L. 29-12-1993. n. 578 (norme per l'accertamento
e la certificazione di morte).
Estratto dal Digesto. IV Edizione, vol. XIV Penale. 1998.
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al español.
TRASPLANTES DE ÓRGANOS
Ferrando Mantovani
RESUMEN: En el fenómeno de la cirugía sustitutiva resulta necesario distinguir entre cirugía sustitutiva y cirugía para trasplantes, a su vez ésta con sus múltiples variantes, entre las que destacan los trasplantes provenientes de personas vivas y las de cadáveres. Al día de hoy, la problemática jurídica de los trasplantes no es tanto un problema de licitud, por cuanto resultan admitidos en todos los países científicamente progresistas, como un problema de las condiciones y los límites con los que deben ser practicados, entre los cuáles destacan: el principio de salvaguardia de la vida, la salud, la integridad física del donante, el principio de salvaguardia de la dignidad humana, el principio de igualdad y de la idéntica dignidad humana, así como el inderogable principio del consentimiento del donante.
PALABRAS CLAVES: trasplantes, donante, receptor, código penal, consentimiento, límites y principios.
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agosto de 1999
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