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Revista Electrónica de Ciencia Penal y Criminología
RECPC 01-09 V.O. (1999)
TRAPIANTI
Ferrando Mantovani
Professore ordinario di Diritto penale nell`Università di Firenze
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 SUMARIO:
1. Considerazioni introduttive.
2. I prelievi da vivente.
3. I prelievi da cadavere.
4. L´innesto terapeutico, terapeutico- sperimentale, sperimentale.
5. La tutela penale contro le violazioni dei limiti dei trapianto.

1. Considerazioni introduttive.
    Nell'ambito della chirurgia sostitutiva occorre distinguere, agli effetti giuridici, innanzitutto tra:
A) chirurgia sostitutiva con organi o parti di organi artificiali, che resta tuttora, e per buona parte, un´aspirazione e si esaurisce nell'unica fase dell'impianto, dell'innesto;
B) chirurgia del trapianto, che ha per oggetto parti anatomiche appartenenti o appartenute ad essere vivente e che si articola nelle distinte fasi del prelievo e dell'innesto. Nell'ambito dei trapianti va distinto tra: 1) trapianti autoplastici (o autologi o autotrapianti), in cui il donatore ed il ricevente si identificano, essendo le parti anatomiche prelevate dallo stesso organismo che le riceve; 2) trapianti eteroplastici (o eterotrapiapiti), in cui donatore e ricevente sono soggetti distinti ed appartenenti a specie diverse; 3) trapianiti omoplastici (o omotrapianti), quando donatore e ricevente sono della stessa specie, geneticamente identici (trapianti isogenici o isotrapianti: es., tra gemelli monovulari) o diversi (trapianti allogenici oallotrapianti (es.. da uomo ad uomo).
    In rapporto agli omotrapianti va ancora distinto tra: a) trapianto da vivente, quando la parte anatomica proviene da persona in vita attraverso un prelievo effettuato a scopo di trapianto o nel corso di una ordinaria operazione chirurgico-terapeutica o per effetto di un incidente o di un fatto lesivo altrui (parti anatomiche c.d. "libere"); b) trapianto da cadavere, quando il prelievo viene effettuato da un corpo umano a morte avvenuta.
    Con riferimento alla natura delle parti anatomiche occorre distinguere tra: a) trapianti di tessuti (isotrapianti); b) trapianti di organi (organotrapianti). E da ultimo va distinto, in rapporto alla sede del trapianto, tra: a) trapianto ortotopico (o sostitutivo), quando l'organo è collocato al posto dell'organo primitivo; b) trapianto eterotopico (o supplettivo), quando l'organo primitivo viene lasciato al suo posto e l'innesto viene effettuato in altra parte del corpo.
    Sotto il profilo giuridico gli omotrapianti costituiscono, oggi, non più o non tanto un problema di liceità, essendo essi ammessi in tutti i paesi scientificamente progrediti, quanto un problema di limiti.
    Ma nella individuazione dei limiti e condizioni di tale liceità le legislazioni esistenti, compresa la nostra, non sono di completo aiuto, poiché esse disciplinano più che il "trapianto", il "prelievo a scopo di trapianto", limitandosi a regolare la materia, soprattutto e in modo frammentario, dall'angolo visuale del donatore e non anche del ricevente. Sicché nella ricerca dei principi aspiratori occorre risalire, in ultima analisi, alla distinzione di fondo (1) tra: 1) la concezione utilitaristica dell'uomo, inteso come uomo-cosa, uomo-massa, uomo-mezzo e come tale strumentalizzabile per finalità superiori ed assorbenti o, comunque, extrapersonali. Ne è corollario il principio della disponibilità dell'essere umano, il cui limite logico è dato: a) secondo l'utilitarismo statuale-collettivistico, dal rapporto di proporzione tra il danno del soggetto e l'utilità collettiva, fino a legittimare, da un lato, la più ampia disponibilità pubblica dell'uomo (eutanasia eugenetica, economica, criminale, sanitaria; sterilizzazione coattiva, aborto demografico; sperimentazione umana e prelievi da vivente coattivi; nazionalizzazione del cadavere, ecc.) e, dall'altro, l'imposizione del dovere di curarsi. La pericolosità di tale concezione trova tragiche conferme storiche, dai tempi più lontani alle allucinanti degenerazioni della medicina nazista; b) secondo l'utilitarismo individualistico-edonistico, dal consenso del soggetto in nome del quale - in un soggettivismo assoluto e senza limiti- si legittima ogni politica di liberalizzazione (dell'aborto, droga, sterilizzazione irreversibile, transessualismo, eutanasia pietosa, inseminazione artificiale, locazione del grembo materno, suicidio, ecc.). La storia della umanità è anche storia dei misfatti commessi sotto il paravento e l'alibi dello pseudoconsenso di pseudovolontari; 2) la concezione personalistica dell'uomo, che afferma il primato dell'uomo come valore in sé: dell'uomo-valore, uomo-persona, uomo-fine, col categorico divieto di ogni strumentalizzazione per alcun interesse extrapersonale. Ne è corollario il principio della indisponibilità della persona unana, da cui derivano quali sottoprincipi: a) il principio della salvaguardia della vita, integrità fisica e salute del soggetto; b) il principio della salvaguardia della dignità della persona umana; c) il principio della eguaglianza e pari dignità dei soggetti umani; d) il principio del consenso del soggetto. Principi che trovano, tutti, consacrazione nella nostra Costituzione, che è stata concepita e costruita come costituzione innanzitutto personalistica.
    Ed alla luce del principio personalistico le condizioni ed i limiti di liceità dei trapianti, come più in generale di ogni trattamento medico-chirurgico, variano a seconda che essi costituiscano: a) attività terapeutica, perché effettuata su soggetto malato, nel di lui precipuo interesse terapeutico e con mezzi aventi una obiettiva idoneità terapeutica, cioè collaudati dall'esperienza ed i cui noti benefici superano i noti rischi; b) attività terapeutico-sperimentale, perché anch'essa effettuata nell'interesse terapeutico del soggetto malato, ma con mezzi non ancora o non sufficientemente collaudati dall'esperienza con conseguente incertezza dei possibili effetti positivi o negativi; c)sperimentazione pura (o scientifica), effettuata non nell'interesse diretto del soggetto (che può essere anche persona sana), ma per finalità di progresso scientifico e con mezzi di cui sono ancora incerti o sconosciuti i possibili effetti positivi o negativi.
    E per una corretta impostazione giuridica vanno distintamente esaminati i problemi: a) del prelievo, da vivente o da cadavere; b) dell'innesto della parte anatomica prelevata.

2. I prelievi da vivente.
    Il fondamento politico-sostanziale del prelievo da vivente a scopo di trapianto terapeutico o terapeutico-sperimentale va ricercato nell'interesse terapeutico non del donatore ma del ricevente: e il fondamento tecnico-formale nella scriminante dell'attività giuridicamente autorizzata (art. 51 c.p.), che scrimina nei limiti di tale giuridica autorizzazione.
    I limiti oggettivi sono rappresentati: 1) dal principio della salvaguardia della vita, salute e integrità fisica del donatore (artt. 32 Cost., 5 c.c., 579 c.p.), in base al quale sono leciti i prelievi che non comportano una menomazione permanente della integrità fisica (di tessuti, di sangue, di pelle, ecc.) e, pertanto, sono vietati i prelievi non solo di organi unici (del cuore, fegato, pancreas, milza, ecc.), ma anche di organi doppi (di un occhio, polmone, ghiandola sessuale, ecc.). Con l'unica eccezione per il rene, introdotta dalla legge 26-6-1967, n. 458, che si pone al limite della tollerabilità costituzionale non solo per la particolare situazione psicofìsica in cui viene a trovarsi il donatore dopo la cessione dell'organo, ma anche per l'inquietante interrogativo se e fino a che punto sia lecito porre l'uorno (genitore, figlio, fratello, ma anche ognuno di noi) nell'angosciosa alternativa tra l´eroismo e il rimorso, denudandolo di fronte alla propria coscienza. Corollari di tale principio sono: a) l'idoneità (clinica, immunologica, psichica) del donatore, espressamente richiesta, per i prelievi di sangue, dall'art. 9 dell'abrogata legge 14-7-1967, n. 592 e relativo regolamento esecutivo del 1971, e dall'art. 4 della vigente legge 4-5-1990, n. 107, nonché, per il prelievo del rene, dagli artt. 2/5 e 3 della legge cit. n. 458 del 1967; b) la finalità, utilità, necessitàterapeutica deI prelievo, nei confronti del ricevente, e della inevitabilità altrimenti della morte del medesimo, onde evitare che il sacrificio del donatore del rene possa ridursi ad una mutilazione inutile o non necessaria; c) l'idoneità del luogo di esecuzione e la capacità tecnica dell'esecutore del prelievo, requisiti espressamente richiesti e specificati, per quanto riguarda il prelievo del rene, dall'art. 3 della legge sopracitata. Va anche ricordato che la legittiniazione a donare, che per i tessuti è riconosciuta a chiunque senza alcun ordine di priorità, per il rene è prevista secondo un ordine di priorità che dai parenti più stretti (genitori, figli, fratelli) si estende, in caso di inidoneità o non disponibilità di questi, agli altri parenti e agli estranei (art. 1 L. cit.); 2) dal principio della salvaguardia della dignità umana (artt. 3, 41, 32 Cost.), che comporta il divieto dei prelievi che si traducano in sfregi e lesioni deturpanti delle sembianze dell'individuo, come pure il prelievo di ghiandole sessuali; 3) dal principio della eguaglianza e della pari dignità unzana (art. 3 Cost.), che si oppone ad ogni discriminazione in materia di prelievi, così come di sperimentazione, a danno dei cosiddetti "soggetti esposti" (detenuti, moribondi. malati nel corpo o nella mente, vecchi, persone di colore o appartenenti a civiltà arretrate, ecc.).
    Il limite soggettivo è dato dall'inderogabile principiodel consenso dei donatore (artt. 13 Cost.: 1 L. n. 180 del 1978 e 33 L. n. 833 del 1978. 1 L. n. 458 del 1967 sul trapianto del rene e 3 L. n. 107 del 1990 sul prelievo del sangue). Per la validità del consenso deve trattarsi di consenso: a) personale, prestato cioè dallo stesso donatore, poiché i rappresentanti legali non possono consentire interventi a danno del rappresentato (es.: il prelievo del rene dal figlio minore per essere trapiantato su altro figlio); b) reale, non essendo ammissibile quel consenso presunto, che è invece ammesso per le attività terapeutiche di necessità ed urgenza rispetto a pazienti in stato di incoscienza; c) prestato da donatore capace, sia per le condizioni psichiche sia per l'età, che per il prelievo del rene è fissata dalla relativa legge nella "maggiore età", la quale al tempo dell'entrata in vigore della stessa era quella dei 21 anni ed è verosimilmente da ritenersi che resti tale anche ora in ragione della gravitá dell`'atto dispositivo e, a fortiori, se si tiene presente che per il sangue (e, analogicamente, riteniamo per i tessuti in genere) la legge n. 107 del 1990 (art. 3) ne vieta il prelievo da soggetti di età inferiore ai 18 anni, mentre solo i prelievi di piastrine e leucociti e a di cellule staminali, midollari e periferiche, a scopo di trasfusione per l'allotrapianto e l'autotrapianto nello stesso soggetto o in soggetto diverso, possono essere eseguiti su infradiciottenni previo consenso degli esercenti la potestà genitoriale, del tutore o del giudice tutelare; d) libero dai tradizionali vizi della violenza, minaccia, inganno, ma anche spontaneo, cioè determinato non da fattori esterni (promessa di compensi, situazione psicologica creatasi nella famiglia, paura dei rimorso, desiderio di pubblicità, ecc.), ma dal movente autenticamente altruistico della solidarietà umana. Mentre la legge sul prelievo del sangue (analogicamente applicabile ai tessuti) si limita ad esigere il semplice consenso, uniformandosi al generale principio della libertà da detti vizi (art. 9), la legge sul rene, richiedendo anche la spontaneità che deve essere accertata dal pretore (art. 2), ha ritenuto di ammettere un sacrifìcio non solo pienamente libero, ma moralmente autentico; e) consapevole, cioè fondato su una previa adeguata informazione del donatore sulla perdita anatomica, sui rischi operatori, postoperatori e a lungo termine, sulle conseguenze e limitazioni immediate e future sulla vita e attività lavorativa, sui limiti e probabilità di successo della terapia del trapianto sul ricevente (art. 2 legge sul rene); f) attuale, cioè prestato e comunque persistente fìno al momento del prelievo; revocabile fino al momento dell'intervento chirurgico (art. 2 L. n. 458 dei 1967 sul rene); incondizionato, non essendo valido il consenso al prelievo renale subordinato a condizioni o ad altre manifestazioni accessorie di volontà (art. 2 L. cit.). Mentre, poi, per i tessuti (es.: sangue) si può donare anche in certam personam (art. 2 L. cit.); g) gratuito, essendo stato il principio della gratuità accolto dalla legge sul prelievo renale (art. 2), che lo ha sanzionato con la nullità della pattuizione (art. 6), e ribadito dalla legge del 1990 sul sangue (mentre la legge sul sangue del 1967, artt. 15-17, ne prevedeva il prelievo anche dietro compenso); h) formale, in quanto l'atto di donazione del rene deve essere ricevuto dal pretore e redatto per iscritto (art. 2 L. cit.), mentre per i tessuti, stante il silenzio della legge, vale il principio generale della libertà di forma.

3. I prelievi da cadavere.
    Per quanto riguarda i prelievi da cadavere il principio della inviolabilità e della normale destinazione del cadavere ha subito deroghe a favore della disponibilità per le tradizionali finalità di interesse scientitico (autopsia clinica), didattico (dissezione anatomica per l'insegnamento medico), igienico-sanitario (riscontro diagnostico sui cadaveri per morte dovuta a malattia infettiva o diffusiva), giudiziario (autopsia medico-legale), e, ora, per le finalità terapeutiche dei trapianti.
    Il fondamento politico-sostanziale va ricercato, come per i prelievi da vivente, nell'interesse della altrui e il fondamento tecnico-formale nella scriminante dell´attività giuridicamente autorizzata (art .51 c.p.), che scrimina nei limiti di tale giuridica autorizzazione.
    I limiti oggettivi sono costituiti:
A) dal principio della salvaguardia della vita del soggetto, che esige la certezza di operare sul corpo di persona morta e, quindi, della intervenuta morte. Preliminarmente si pongono due problemi di fondo (2): a) il concetto di morte, che secondo il principio personalistico deve essere unico a tutti y fini, non potendosi ammettere che il soggetto sia "morto" o "non morto", "più morto" o "meno morto" a seconda della diversa destinazione del cadavere (sepoltura, tavolo anatomico per finalità scientifica o didattica, prelievi a fìne di trapianto): diversi possono essere i metodi di accertamento (normali o precoci), rispetto però ad una morte che resta sempre unica per tutti; e deve essere dato dalla morte cerebrale (non solo corticale) irreversibile, non potendosi più parlare di vita della "persona" in un soggetto in cui il battito cardiaco ed il respiro costituiscono un mero artificio, mantenuto dalla macchina; come del resto ha espressamente sancito l'art. 1, legge n. 578 del 1993, per il quale "La morte si identifica con la cessazione irrevocabile di tutte le funzioni dell'encefalo"; b) l'accertamento della morte, che deve garantire fuori di ogni dubbio che la suddetta morte cerebrale irreversibile sia -ed ecco l'inquietante interrogativo- scientificamente certa sulla base dei parametri offerti dalla migliore scienza ed esperienza del momento storico, essendo la morte una "diagnosi" e non una "prognosi" e dovendo essere il soggetto "morto" e non "sufficientemente morto". Diversi possono essere i metodi di accertamento (normali o precoci), rispetto però ad una morte che deve essere, sempre, parimenti certa: in tutti i casi.
    Il diritto italiano prevede una pluralità di metodi di accertamento della morte. E precisamente:
    1) il metodo elettroencefalografico, unitamente ai mezzi della semeiotica neurologica, clinica e strumentale, che è utilizzabile allorché: a) si debba procedere a prelievi a fine di trapianto terapeítico (cosi per la L. n. 644 del 1975) od anche a prescindere da tali prelievi (così per la L. n. 578 del 1993); b) si tratti di soggetti affetti da lesioni cerebrali (primitive per la suddetta L. del 1975, e, ora, anche secondarie), sottoposti a rianimazione; c) durante il periodo di osservazione non si verifichi la cessazione spontanea del battito cardiaco.
    L´art. 3, d.m. n. 582 del 1994, stabilisce infatti che nei suddetti soggetti la morte si verifica quando in essi venga riscontrata la contemporanea presenza della serie di condizioni ivi elencate. L´inizio della coesistenza delle condizioni predette determina il momento della morte, ma questa deve essere accertata attraverso la loro ininterrotta presenza durante un successivo periodo di osservazione (di 24, di 12 e di non meno 6 ore, rispettivamente, per il d.m. 1970, la L. n. 644 del 1975 e la I. n. 578 del 1993). Le condizioni sopraindicate devono essere controllate e rilevate per almeno tre volte, all'inizio, a metà e alla fine del periodo di osservazione;
    2) il metodo elettrocardiografico, unicamente all'accertamento della assenza di respirazione spontanea e di attività elettrica cerebrale, che è utilizzabile allorché: a) si debba procedere (così per la L. n. 644 del 1975) a prelievi a fine di trapianto terapeutico o anche a prescindere da tali prelievi (così per la L. n. 578 del 1993); b) non si tratti di soggetti affetti da lesioni encefaliche e sottoposti a rianimazione, ma con arresto protratto della circolazione e respirazione; c) si tratti di soggetti affetti da lesioni encefaliche, sottoposti a rianimazione, qualora, durante il periodo di osservazione sopraindicato, si verifìchi la cessazione spontanea del battito cardiaco. Stabilisce, infatti, l'art. 1 del d.m. n. 582 del 1994 che l'accertamento della morte per arresto cardiaco può essere effettuato con il rilievo grafico continuo dell'elettrocardiogramma protratto per non meno di 20 minuti prinù. La legge n. 301 del 1993 prevede che, in caso di prelievo di cornea per trapianto, la morte può essere accertata mediante il metodo suddetto. Ed il Reg. di polizia mortuaria del 1990 prevede (art. 8) che il medico necroscopo, riscontrati gli altri segni suddetti, anziché attendere il decorso del periodo di osservazione delle 24 ore, possa procedere all'accertamento strumentale della morte mediante l'ausilio dell'elettrocardiografo;
    3) il metodo comune, che è quello ora fissato dal d.p.r. n. 285 del 1990 e che resta, per esclusione, applicabile a tutte ie ipotesi diverse dalle suddette.
    Circa i soggetti legittimati ad accertare la morte col metodo elettroencefalografico integrato, la suddetta legge del 1993, unicamente alla legge del 1975 per quanto da quella non specificamente menzionato (art. 6), si preoccupa di soddisfare la quadruplice esigenza: a) della adeguata capacità tecnica, adottando il principio della collegialità pluridisciplinare e qualifìcata (art. 2); b) della non interferenza della fìnalità del trapianto sull'accertamento della morte del donatore, sancendo il principio della estraneità assoluta dei medici che effettuano il prelievo ed il trapianto all'accertamento della morte (art. 6, richiamante l'art. 9, L. del 1975); c) dell'unanitá (art. 2); d) della motivazione, per consentire un eventuale controllo successivo sul giudizio di morte (art. 6, richiamante l'art. 8 della L. del 1975). Circa il metodo elettrocardiografìco, la legge del 1993, mentre sui punti dell'estraneità, unanimità e motivazione si richiama (art. 6) a quanto stabilito dalla legge del 1975, sul punto della collegialità o meno tace e il d.m. del 1994 all'art. 1 parla di accertamento "effettuato da un medico". Ed anche rispetto al prelievo di cornea l'art. 2 della legge del 1993 parla genericamente di "medico che dichiara la morte";
B) dal principio della salvaguardia della dignità dellapersona umana, che comporta il divieto del trattamento rianimatorio sul soggetto una volta accertata l'irreversibilità della morte cerebrale, onde evitare che -attraverso l'artificio, operato dalla macchina, di un battito cardiaco non spontaneo- venga protratta la degradazione della persona umana a "uomo-pianta", a "sempreverdi" e si istituiscano le cosiddette "banche viventi di organi", ove uominipianta vengono mantenuti in rianimazione per un tempo indeterminato in attesa di un malato bisognoso di organì. Trattandosi di cadavere, è doveroso -a meno che non si debba procedere nella immediatezza ad un prelievo a scopo di trapianto- porre fine al trattamento rianimatorio. Ed il cadavere deve seguire la sua naturale destinazione sussistendo l'obbligo della sepoltura, desumibile dallo stesso Regolamento di polizia mortuaria e sanzionato penalmente dagli abrogati regolamenti mortuari del 1942 e 1975 (non più, sembra e misteriosamente, da quello, vigente, del 1990) e, comunque, disciplinarmente. Il che emerge con maggiore evidenza dalla legge n. 578 del 1993, che, al fìne di evitare le corsie dei "sempreverdi", considera i soggetti. sottoposti a rianimazione per lesioni encefaliche, morti al momento della morte cerebrale, anche se non destinati a prelievi a scopo di trapianto.
    Il rispetto della dignità del cadavere viene assicurato dalla legge, che altresì impone il divieto delle mutilazioni e dissezioni non necessarie e l'obbligo della ricomposizione del cadavere con la massima cura (art. 7);
C) dal principio di eguaglianza e di pari dignità, che vieta ogni discriminazione non solo in rapporto al concetto di morte, ma anche per quanto riguarda il diritto di disporre del proprio futuro cadavere in funzione di particolari condizioni personali e sociali e, perciò, quelle odiose discriminazioni, di diritto o di fatto, per i poveri anche dopo la morte, che portano sul tavolo anatomico le spoglie dei soggetti del rifiuto sociale.
    Per quanto riguarda i limiti soggettivi, tra gli opposti sistemi, privatístici (incentrati sul previo consenso del soggetto in vita e/o dei congiunti) e pubblicistici (della c.d. "nazionalizzazione" del cadavere, proposta da una minoranza di autori), la legge italiana del 1975 ha adottato la controversa soluzione, di più accentuato carattere pubblicistico, della non opposizione, nel senso che il prelievo da cadavere (non sottoposto a riscontro diagnostico o ad operazioni autoptiche ordinate dalla autorità giudiziaria) è vietato: a) se vi è stato espresso dissenso del soggetto in vita; b) se, altrimenti, vi è stata opposizione scritta dei coniuge non separato o, in mancanza, dei figli di età non inferiore ai 18 anni, o in mancanza, dei genitori (art. 7). Con tutte le difficoltà di accertare detto dissenso e di manifestare detta opposizione, tanto più nei brevi termini di cui agli artt. 3 e 4. Limitatamente al prelievo di cornea la legge n. 301 dei 1993 ha introdotto il sistema, parzialmente derogatorio rispetto al suddetto, della non opposizione scritta del soggetto e dell'assenso espresso dei congiunti. Ciò per evitare che la minore propensione dei congiunti al prelievo del bulbo oculare, in quanto alterante l'immagine dei morto, non si traducesse in una generica opposizione al prelievo di qualsiasi altra parte anatomica.
    Il consenso al prelievo, oltre che essere revocabile fino alla morte, deve essere valido e gratuito (art. 19 L. n. 644 del 1975 e art. 1 L. n. 301 del 1993 sul prelievo della cornea da cadavere).

4. L'innesto terapeutico, terapeutico-sperimentale,sperimentale.
    Per quanto riguarda il problema dei limiti di liceità dell'innesto, va premesso che anche in Italia si è passati da un sistema iniziale di "legislazione chiusa", che tassativamente limitava i trapianti a determinate parti anatomiche, all'attuale sistema di "legislazione aperta", che autorizza genericamente i trapianti (con la sola eccezione dell'encefalo e delle ghiandole della sfera genitale e della procreazione) ed è, pertanto, pronta a recepire automaticamente i progressi della chirurgia sostitutiva, senza bisogno di ulteriori continui interventi legislativi di aggiomarnento.
    La legge del 1975, che -ripetiamo- disciplina il prelievo, per quanto riguarda l'innesto si limita: a) ad esigere l'idoneità del luogo dell'esecuzione e la capacità tecnica degli esecutori, sancendo che le operazioni di innesto sono effettuabili solo presso enti ospedalieri e istituti universitari muniti di autorizzazione ministeriale, rilasciata previo accertamento della idoneità delle attrezzature esistenti e della specifica competenza medico-chirurgica e biologica dei sanitari, rinnovabile ogni cinque anni, revocabile in qualsiasi momento e indicante il nome dei sanitari abilitati al trapianto (art. 10). Per la più recente legge del 1993 gli innesti di cornea possono essere effettuati in strutture sanitarie pubbliche e private, senza alcuna particolare autorizzazione (art. 3); b) a vietare il trapianto dell'encefalo e delle ghiandoledella sfera genitale e della procreazione (art. 1). Il trapianto del cervello, ancora futuribile ma già ipotizzato o auspicato nella prospettiva utilitaristica di rivestire con un nuovo corpo i cervelli geniali non più sorretti da un corpo efficiente, si pone in aperto contrasto col principio personalistico della salvaguardia della dignità della persona umana: per la mostruosità di un "nuovo uomo" o, più esattamente, di un "uomo artificiale", frutto della combinazione di due uomini non più idonei alla vita in un essere che avrebbe la personalità dell'uno e le sembianze esteriori dell'altro o, meglio, che non si identificherebbe con nessuno dei due.
    Di fronte al sostanziale silenzio della legge, i limiti di liceità vanno desunti dai principi personalistici sopraindicati, variando conseguentemente, a seconda che i vari tipi di trapianto siano assurti a vera e propria terapia, permangano tuttora nel campo della sperimentazione terapeutica o non superino lo stadio della sperinietitazione pura.
    A) Circa i trapianti terapeutici - e tali possono considerarsi i trapianti di tessuti (sangue, tessuto osseo, segmenti vascolari, cute. ecc.), nonché i trapianti cherotopiastici e, ormai, anche i trapianti renali essi trovano, come più in generale l'attività terapeutica, il fondamento politico-sostanziale della liceità nella tutela della salute del singolo e il fondamento tecnico-giuridico nella scriminante dell'attività giuridicamente autorizzata (art. 51 c.p.). E parimenti per essi valgono i ben noti limiti, oggettivi e soggettivi, della attività terapeutica in generale. E cioè: a) ilrapporto di proporzione tra prevedibili benefici e danni, dovendo i primi superare i secondi, poiché in caso contrario viene meno l'utilità terapeutica dei trapianto. Data l'elevata probabilità di successo dei trapianti di tessuti, basta di massima il requisito suddetto, e non occorrono invece gli ulteriori estremi della necessità terapeutica e della inevitabilità altrimenti dell'evento mortale, che sono, invece, tuttora richiesti per il trapianto renale; b) il consenso personale e reale, informato e specifico del paziente. Poiché i trapianti terapeutici costituiscono un intervento nell'interesse della salute del paziente, il principio del consenso personale e reale può essere derogato a favore del consenso del rappresentante legale nel caso di ricevente incapace di validamente consentire, e a favore del consenso presunto del paziente nella situazione di urgente necessità terapeutica e di impossibilità materiale di questi di prestare il consenso per stato di incoscienza.
    B) Quanto ai trapianti terapeutico-sperimentali (e tali possono tuttora considerarsi i trapianti di cuore, polmone, fegato, pancreas), anch'essi trovano il fondamento politico-sostanziale della liceità nell'interesse della tutela della salute individuale e il fondamento tecnico-giuridico nella scriminante dell'attività giuridicamente autorizzata. Per quanto riguarda i limiti, essi sottostanno: a) ai limiti oggettivi della necessità terapeutica del trapianto, dovendo sussistere la drastica alternativa tra la diagnosi di morte certa e a breve scadenza e il tentare di evitarla mediante il trapianto; della inevitabilità altrimenti dell'evento letale, non essendo il malato curabile con trattamenti diversi, perché inesistenti o inutilmente praticati; della utilità terapeutica, nel senso che il trapianto deve quanto meno prolungare, verosimilmente, la vita al paziente e rendergliela complessivamente migliore di quella che sarebbe senza l'intervento, data l'inscindibile unità-psicofisica della persona umana, per cui tale utilità va valutata con un metr o non meramente "clinico", ma più integralmente "umano". L`utilità terapeutica del trapianto è assicurata, oltre che dalla idoneità dell'organo da trapiantare, dalla idoneità clinica, immunologica, psicologica del paziente; b) al limite soggettivo del consenso, personale (derogabile almeno astrattamente dal consenso del rappresentante legale), reale, informato, specifico.
    Alla luce dell'illuminante principio della eguaglianzae pari dignità dei soggetti umani va risolto il problema delle cosiddette scelte tragiche, che si pone allorché la richiesta di organi da trapiantare sia superiore alla disponibilità, dovendo tali scelte effettuarsi non col criterio utilitaristico o del privilegio (dei capi, dei migliori, dei ricchi, degli incensurati, ecc.), ma con quello obiettivo della maggiore idoneità clinica al trapianto o, a parità di idoneità, della maggiore urgenza o della priorità cronologica.
    C) Per quanto riguarda, infine, i trapianti meramente sperimentali, essi trovano il fondamento politico-sostanziale della liceità nell'interesse del progresso della medicina e il fondamento tecnico-giuridico nella scriminante dell'attività giuridicamente autorizzata. Essi sottostanno: a) al limite oggettivo della salvaguardia della vita, salute e integrità fisica del soggetto, che trova nel divieto di interventi che menomano permanentemente l'altrui integrità fisica (art. 5 c.c.) la esplicita consacrazione legislativa. Se leciti debbono considerarsi certi trapianti meramente sperimentali che non menomano permanentemente l'integrità fisica del soggetto (es.: di capelli, di cute su soggetti sani per lo studio della istocompatibilità), ben più problematico è il discorso per quei trapianti di organi, che, utopistici fino a non molti anni fa. sono già stati tentati anche sull'uomo, nonostante il loro carattere prenúnentemente sperimentale; b) al limite soggettivo del consenso, informato e specifico,reale e ersonale, non essendo ammissibile -trattandosi di intervento non nell'interesse della salute del paziente- alcuna deroga a favore del consenso del rappresentante legale e del consenso presunto (mancando addirittura l'estremo della urgente necessità dell'intervento).

5. La tutela penale contro le violazioni dei limiti del trapianto.
    Con la legge del 1975 sui prelievi da cadavere a scopo di trapianto terapeutico si è avuto il passagio, pur se parziale, dal sistema della responsabilità penale limitata ai soli casi di evento infausto, doloso o colposo, al sistema della responsabilità penale anche per le semplici violazioni delle disposizioni che regolano la materia, con la previsione fra l'altro di specifiche incriminazioni, deroganti alla normativa del codice penale in materia di delitti contro la pietà dei defunti. Oltre a rafforzare la repressione del mercato delle parti anatomiche, punendo non più soltanto chi le procura ad altri o ne fa commercio per lucro, ma anche chi consente al prelievo post mortem dietro prestazione o promessa di danaro o di altra utilità (artt. 19, 20), tale legge punisce, con la reclusione fìno ad un anno e la interdizione professionale fino a due anni, la effettuazione di prelievi e trapianti in ospedali e istituti non autorizzati o da parte di sanitari sprovvisti della abilitazione richiesta (art. 21). Punisce, altresì, con la reclusione fino a due anni e l'interdizione professionale fino ad un anno, il prelievo da cadavere a scopo di trapianto di parti la cui esportazione è vietata (art. 22). E punisce, infine, con la reclusione fino ad un anno e l'interdizione professionale fino a due anni, il prelievo in violazione delle disposizioni sul dissenso del soggetto e sulla opposizione dei congiunti.
    La legge n. 458 del 1967 sul prelievo del rene da vivente si limita a punire la mediazione, svolta a scopo di lucro, nella donazione di tale organo (art. 7).

NOTAS:
(1) Per tale problematica e per un' ampia trattazione della materia dei trapianti e della disponibilità dei corpo umano, v.: MANTOVANI, I trapianti e la sperimentatone umana nel diritto italiano e straniero. Padova, 1974: nonché, ID., Lepossibilitá, i rischi e i limiti delle manipolazioni genetiche e delle tecniche biomediche, in Riv. it. med. leg., 1990. 419: ID.. Diritto penale, Parte sp., I Delitti contro la persona, Padova, 1995, 91.
(2) Sulla problematica della morte v, ampiamente: MANTOVANI, "Morte (generalità)", in Eric dir., XXVII, 1977, 81; ID., Diritto penale. cit., 74.

BIBLIOGRAFIA:
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LEGISLAZIONE:
Art. 32 Cost.; art. 5 c. c.; artt. 50, 410, 411, 413 C.P.; l. 3-4-1957, nº 235 (prelievo di parte del cadavere a scopo di trapianto terapeutico); extracción de parte del cadáver con el objeto de trasplante terapeutico); d.p.r.20-1-1961.n.300 (approvazione del regolamento della L. 3-4-1957. n. 235); L.15-2-1961. n. 83 (norme per il riscontro diagnostico sui cadaveri); d.m. 7-11-1961 (modalità concernenti l´applicazione dell'art. 5 della L. 3-4-1957, n. 235); d.p.r. 3-9-1965, n. 1156 (modifica all'art. 1 dei regolamento concernente il prelievo di parti di cadavere a scopo di trapianto terapeutico, approvato con d.p.r. 20-1-1961. n. 300); L. 26-6-1967. n. 458 (trapianto dei rene tra persone viventi); art. 9 L. 14-7-1967, n. 592 (raccolta, conservazione e distribuzione del sangue umano); L. 2-4-1968. n. 519 (modifiche alla L. 3-4-1957, n. 235); d.m. r 11-8-1969 (modalità concernenti l'applicazione dell'art. 5 della L. 5-4-1957. n. 235); d.m. 9-1-1970 (determinazione delle metodiche per l'accertamento della morte nei soggetti sottoposti a rianimazione per lesioni cerebrali primitive); d.p.r. 5-2-1970, n. 78 (modifica dell'art. 1 dei regolamento concernente il prelievo di parti di cadavere); d.p.r. 24-8-1971. n. 1256 (regolamento per l'esecuzione della L. 4-7-1967. n. 592); art. 43 d.p.r. 21-10-1975, n. 803 (regolamento di polizia mortuaria); L. 2-12-1975, n. 644 (disciplina dei prelievi di parti di cadavere a scopo di trapianto terapeutico e norme sul prelievo dell'ipofisi da cadavere a scopo di produzione di estratti per uso terapeutico); d.p.r. 16-6-1977, n. 409 (regolamento di esecuzione della L. 2-12-1975. n. 644); L.13-4-1978, n. 180 (accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori); art. 33 L. 23-12-1978. n. 833 (istituzione del servizio sanitario nazionale); L. 4-5-1990, n. 107 (disciplina per le attività trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e per la produzione di plasmoderivati); d.m. l5-1-1991 (protocolli per l'accertamento dell'idoneità del donatore di sangue ed emoderivati); L. 12-8-1993 (norme in materia di prelievi ed i'nnesti di cornea); L. 29-12-1993. n. 578 (norme per l'accertamento e la certificazione di morte).

Estratto dal Digesto. IV Edizione, vol. XIV Penale. 1998.

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 TRASPLANTES DE ÓRGANOS
Ferrando Mantovani

RESUMEN: En el fenómeno de la cirugía sustitutiva resulta necesario distinguir entre cirugía sustitutiva y cirugía para trasplantes, a su vez ésta con sus múltiples variantes, entre las que destacan los trasplantes provenientes de personas vivas y las de cadáveres. Al día de hoy, la problemática jurídica de los trasplantes no es tanto un problema de licitud, por cuanto resultan admitidos en todos los países científicamente progresistas, como un problema de las condiciones y los límites con los que deben ser practicados, entre los cuáles destacan: el principio de salvaguardia de la vida, la salud, la integridad física del donante, el principio de salvaguardia de la dignidad humana, el principio de igualdad y de la idéntica dignidad humana, así como el inderogable principio del consentimiento del donante.

PALABRAS CLAVES: trasplantes, donante, receptor, código penal, consentimiento, límites y principios.

FECHA DE PUBLICACIÓN EN RECPC: agosto de 1999


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